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Remo Sandron

 

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da Opera prima di Lorenzo figlio di Renzo

 

da Rime adolescenti

 

X
 

Io stavo un giorno vuoto d’ogni gioia,
neppur tristezza aveo nella mia mente,
parea la vita di un colore assente
e ragionavo la parola noja,

ma un dardo venne a me qual quei di Soria,
spaccommi il petto e poscia dolcemente
mi cominciò a spiegar musicalmente
ch’Amor è vita e chi lo ’ntende è in gioia;

ed io lo intesi come lui dettava
e per la gioia vo soffrendo molto,
m’ogne dolor l’acqua di Cirra lava

e ’l dardo ripartì di buio avvolto
lasciando a me la luce che portava
da gli occhi che ’l mio cuore fero colto.

 

 


 

 

da Otto anni dopo

 

VII
 

Voi che il pensier mi nutrite d’Amore
siete speranza e fede e siete luce
a questo tanto martoriato cuore;
e ’l canto che in silenzio si riduce
quando il pensiero in sogno si trasmuta
e canto nuovo il silenzio produce,
altro non è che una visione muta
attesa tanto e poi sì fatta luce
vaga di tutta sua bontà perduta.
E voi tornate, Donna, alla mia mente,
e piena di sospiri, combattuta,

uscite dal silenzio amaramente
ma con il cuore di dolcezza forte,
dolcezza che mi appar tremendamente
a risvegliar la lode dalle porte
del cuore che vi ama follemente.
Amore è rinascere da morte,
e questo voi sì bene lo intendete
perché siete migliore, ma non forte
tanto da sopportar se mi vedete
da voi lontano e mi condannate
con il silenzio, ma se rivedete

l’amante che vi cerca ripensate
che Amore è soddisfare quella sete
di vicinanza ch’anime legate
soddisfano soltanto al ritrovarsi
creature nuove di vite passate.
Amore è un chiaro fiume ove guardarsi
scorrere insieme, Amore è immenso cielo
dove da stella a stella richiamarsi;
Amore nostro è il vostro sacro velo
di vergine sorella ed i miei sparsi
versi di rime dal segreto telo.

 

da Col dolce dire  (scena IV)

 

[...]

Dante: Amico mio, voi siete veramente da servire al vostro dimando: poiché fra tutti i fedeli d’Amore da tempo io non ho risentito tale passione e tale ardore. Ma io credo che in me, voi, abbiate speranza oltre che degna; tuttavia, come non tentarvi una risposta... (dopo una breve pausa, si alza dal bordo del pozzo) Sedete. Vedete: (s’interrompe, muove due passi, e poi rivolto a Francesco; inizia una bassa musica) Amore e il cuor gentil sono una cosa, sì come il saggio in suo dittare pone, e così l’esser un senza l’altro osa com’alma razional senza ragione. Falli natura quand’è amorosa, Amor per sire, il cuor per sua magione, dentro la qual dormendo si riposa tal volta poca, tal lunga stagione. Bieltate appare in saggia donna pui, che piaccia a li occhi sì che dentro al cuore nasce un desio de la cosa piacente, e tanto dura talora in costui che fa svegliar lo spirito d’Amore. E simil face in donna omo valente.

Francesco: (pausa, esterrefatto dalla lezione di Dante, ne segue il pensiero, al punto che assume l’aspetto del sogno) Cosa? Cosa mi trattiene allora dal rivelarmi a madonna Clara? Se veramente, come voi dite pur ora, e così mi pare d’intendere, (rivolto a Dante) Amore chiede solo di essere rivelato. Come se per sua massima virtù abbia scelto il coraggio, quando io invece, sono stato per timore incapace testimone: per timore. (pausa) Per timore di convenzioni sociali, per timore di quei ricchi mantelli che non mi vestano ma vestano invece il mio cuore al sole di quei begli occhi! Dunque cosa più mi può frenare adesso? Se poi voi, il più grande di tutti i maestri nostri, dite che non devo temere! (rivolto a Dante che fa segno di consenso) Per quanto è vera la mia passione altro non voglio che rivelarmi finalmente a colei i cui sorrisi mi hanno distrutto il cuore, che però, ora, sento rinascere, come la fenice, dalle sue stesse ceneri.

Dante: Ora lo sapete solo voi, amico mio! (inizia una musica, una marcia allegra ma non troppo) È tutta in voi la libertà d’amare, e grave sarebbe rinunciarvi, perché potete finalmente volgere in sorriso gli sconfortati occhi, con cui innanzi me pure guardavate.

Francesco: Scriverò, per prima cosa, scriverò subito per lei tutti i miei pensieri, per fare una canzone, da sussurrarle mentre passa per via. Ora, non voglio altro che correre a pensarla, e già quest’ora, le vostre parole mi danno consiglio. Per il vespro ella sarà qui al pozzo come sua abitudine, ogni sabato viene e oggi avrò il coraggio… (finisce la musica) quel coraggio di parlarle che non ho mai avuto (rivolto al pubblico) e potrò così aspettare un suo nuovo sorriso, del tutto nuovo, e il chiaro saluto e una gioia più grande, più grande come mai ho avuto. (pausa)

Dante: Vi capisco, e come se vi capisco. (gli tiene romanamente le braccia e alza plasticamente un dito) Andate amico mio, com’è vostro volere, perché il vespro si sta avvicinando, andate ad ascoltare il cuore ora quale consiglio vi dà e il ricordo di quegli occhi prossimi a rivedersi. Ricordate (alza l’avambraccio verso il cielo) e questo vi rincari la speranza: Amore viene dalle stelle, questo io sostengo, e le stelle sono il dono dell’Altissimo per rischiarare tutte nostre tenebre. A noi non spetta che vedere come esse fanno per noi e noi fare, a somiglianza loro. (il braccio precedente-mente alzato va ora al petto, e poi apre le braccia per lasciare andare Francesco) Perciò andate amico mio a casa vostra, sciacquatevi il viso, mettete panni di festa, per andare incontro alla vostra stella.

[...]