Si attardava lo sposo
sapiente di piaceri comprati, né poteva conoscere le segrete incertezze di
una vergine né quali delicatezze occorrono per non ferirne l’istintivo
pudore. Volle chiudersi nell’ampio letto, e volle che tutte le cortine
abbassate nascondessero quel primo amplesso, e poiché queste non cedevano
al cordone, si drizzò sul letto prima che l’abbigliamento notturno fosse
completo, e senza nascondere la sua nudità.
Orribile sensazione che rovinò nella fanciulla tutto un ideale! Un
disgusto profondo, irrimediabile rese più gelido quel povero corpo che
aspettava l’amore… ed egli la ebbe senza che una ribellione la scuotesse,
senza che in una rivolta del dolore tentasse sfuggirgli, spasimando
imperterrita nell’idea del dovere, ma senza una più pallida parvenza di
piacere, senza il più piccolo accenno di voluttà.
La prese brutalmente,
violando quella purezza che gli si abbandonava quasi con incoscienza, la
prese spudoratamente, nulla attenuando con gentilezza amorevole, senza
risparmiarla, mentre la poverina, angosciata, accettava quel maschio che
nella rovina del corpo verginale le rovinava l’anima non ancora schiusa
alle forti, alle vere sensazioni d’amore, a quelle sensazioni che
nell’amplesso danno il completamento, danno l’oblio dell’essere che quasi
si annienta per confondersi in un solo spasimo dolce con la creatura
desiderata.
Passata dalla completa verginità dei sensi e dell’anima a quella violenza
di desiderio brutale, mal sapendo di amore, tolta d’un tratto
dall’idealità vaga che le aveva cullato la mente giovane in sogni così
enormemente diversi, quella cruda realtà la spaventò, la disgustò, le
diede lo schifo invincibile che proviene dalle cose luride.
Non seppe reagire, non seppe pensare, si abbandonò inerte ai molteplici
amplessi, poi quando egli sazio e stanco si addormentò, nella lunga notte
infinita come il suo disgusto, ella non ebbe un moto, non un respiro, per
paura che quell’uomo si risvegliasse non pago e tornasse a macolare le sue
povere membra affrante.
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